Salute

Cittadinanza. A Prato, classi con un'85% di alunni cinesi. Verso una nuova era di inclusione

2024-10-15

Autore: Maria

Il preside Mario Battiato Musmeci è alla guida di due istituti, Gandhi e Mascagni, situati a Prato, una delle città più multietniche d'Italia. Con circa 2.300 alunni tra i 3 e i 14 anni, la sua osservazione sulla proposta di legge dello Ius Scholae rivela una realtà complessa e necessaria. Secondo lui, questa legge, pur non essendo perfetta, rappresenterebbe un passo significativo verso la cittadinanza per bambini che crescono nel nostro Paese, molti dei quali parlano addirittura il dialetto locale.

"Troppo spesso, questi ragazzi hanno bisogno di un visto anche solo per partecipare a gite scolastiche nell'Unione Europea. Lo Ius Scholae potrebbe semplificare molte di queste questioni burocratiche", afferma il dirigente scolastico, sottolineando la necessità di affrontare una questione fondamentale per il futuro della nostra società.

Il suo sogno sarebbe uno Ius soli temperato, che consentirebbe ai bambini nati in Italia da genitori stranieri di ottenere la cittadinanza già da piccoli, seguendo l'esempio di altri Stati europei. In attesa che questa ideale riforma diventi realtà, Battiato Musmeci sottolinea l'importanza di sfruttare al meglio le opportunità attuali.

Nei suoi istituti, circa il 70% degli alunni stranieri è di origine cinese. Le classi, composte fino all'85% da alunni cinesi, evidenziano come la legge Gelmini, che stabilisce un massimo del 30% di alunni stranieri per classe, non possa essere applicata rigorosamente senza compromettere il diritto alla formazione garantito dalla Costituzione.

"Se seguissero quelle restrizioni, non potrei nemmeno formare una classe", afferma il preside. In effetti, molti di questi studenti comprendono e parlano già l'italiano. Secondo Musmeci, dare la cittadinanza a queste nuove generazioni faciliterebbe non solo la loro integrazione ma anche il rispetto delle soglie scolastiche.

Per gestire al meglio la situazione, proposta innovativa del preside include l'idea di limitare il numero di alunni non italofoni, in modo da consentire una distribuzione più equa e facilitare l'apprendimento della lingua. "Se potessimo garantire corsi intensivi di italiano di 18 ore a settimana, offerti da insegnanti specializzati, avremmo garantito un'istruzione linguistica di alto livello. Ma attualmente abbiamo solo corsi limitati a sei ore a settimana – spiega Musmeci – insufficienti per una vera acquisizione della lingua.

La realtà di Prato rappresenta un microcosmo delle sfide e delle opportunità dell'Italia contemporanea, richiedendo una risposta globale che possa garantire a tutti i bambini il diritto a un futuro luminoso e inclusivo.