Nazionale

I Problemi Ingiunghiabili dell'Autonomia Differenziata: Cosa Nasconde Veramente la Riforma?

2024-12-07

Autore: Chiara

La recente sentenza della Corte Costituzionale ha sollevato un polverone, bocciando gran parte della riforma dell’autonomia differenziata. Nonostante il dibattito acceso tra i vari schieramenti politici, pochi hanno attentamente considerato le critiche formulate dalla Corte riguardo all'impatto finanziario della lega proposta. È qui che si cela il vero dilemma: la sostenibilità economica di una tale riforma.

Promossa soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini e dal ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli, la riforma poggia su un presupposto contraddittorio. Da un lato, si prevede la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), essenziali per garantire servizi a tutti i cittadini. Dall'altro, manca una strategia chiara su come finanziarli.

Il governo ha mostrato ambiguità rispetto alle coperture economiche. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, aveva collocato la riforma nel bilancio 2024, utilizzando un espediente legislativo per facilitarne la discussione. Tuttavia, ha anche inserito una clausola che stabilisce che non ci sarebbero maggiori spese per lo Stato. Una posizione abbastanza paradossale, dato che gli esperti concordano che il finanziamento dei LEP comporterebbe milioni di euro di spesa supplementare.

Calderoli ha cercato di affermare il contrario, mentre Giorgetti ha solo rimandato il discorso sull’impatto economico dopo l'approvazione della riforma. La Corte Costituzionale, nella sua sentenza, ha definitivamente sottolineato che l’implementazione di un fondo perequativo è «improcrastinabile». Questo fondo, introdotto dalla legge sul federalismo fiscale del 2011, prevede che lo Stato sostenga le regioni più in difficoltà, garantendo un livello minimo di servizi in tutto il Paese.

Tuttavia, il percorso per strutturare questo fondo si è dimostrato complesso e politicamente delicato, specialmente per partiti come la Lega, che devono fare i conti con il fatto che le regioni più ricche come la Lombardia sarebbero chiamate a contribuire a quelle in difficoltà, come la Calabria. È emerso chiaramente che il fondo perequativo è un obiettivo mai raggiunto negli ultimi 13 anni, allo stesso modo dei LEP, di cui si discute da oltre due decenni. Questo è particolarmente rilevante considerando che il fondo è uno degli obiettivi fondamentali per l'Italia nel rispetto del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alimentato da fondi europei.

Un’alternativa possibile, ma rischiosa, sarebbe quella di bypassare completamente il meccanismo di perequazione, valutando i LEP sulla base della spesa storica. Ciò potrebbe creare delle distorsioni, consolidando le disparità tra Nord e Sud. Infatti, l'idea di basarsi su quanto speso finora da regioni come la Lombardia non garantirebbe equità e potrebbe portare a una «cristallizzazione» delle attuali disparità nei servizi. Anche la Commissione Europea ha mostrato preoccupazioni a riguardo.

In aggiunta, la Corte ha evidenziato che un sistema di costi basato sulla spesa storica sarebbe incostituzionale. Secondo l'art. 97 della Costituzione, l’efficienza amministrativa deve essere garantita, e quindi il metodo di gestione delle risorse adottato dalla Lombardia non è necessariamente il migliore.

Infine, vi è una contraddizione finanziaria: la riforma prevede che ogni anno si valuti se lo Stato debba coprire aumenti di spesa per la regione che ha chiesto autonomia. Tuttavia, secondo la Corte, questo «paracadute» finanziario annuale non è compatibile con il principio stesso dell’autonomia: una regione che chiede maggiore autonomia deve essere responsabile anche sotto il profilo finanziario.

In conclusione, l’autonomia differenziata si presenta come un puzzle irrisolvibile, con rischi tanto economici quanto politici, e la vera sfida sarà trovare una soluzione che possa garantire sia l’autonomia delle regioni che l’uguaglianza dei servizi in tutta Italia.