Salute

Scopri Chi Sono i “Mangiatori Compulsivi”: «Mi Abbuffo per Non Sentire il Vuoto»

2025-03-15

Autore: Alessandra

Come gli alcolisti anonimi, i mangiatori compulsivi si riuniscono per sostenersi a vicenda.

L'associazione "Overeaters Anonymous" ha trovato la sua casa a Seregno, in provincia di Monza, nei pressi dell'ambulatorio dell'ASL. «Sono Agnese e sono una mangiatrice compulsiva. Mio padre era un alcolista e da lui ho ereditato comportamenti legati alla dipendenza. Crescendo, ho riprodotto questi schemi: lui era schiavizzato dall'alcol, mentre io lo sono stata dal cibo. Ho affrontato periodi di anoressia seguiti da abbuffate rovinate da un'attività fisica eccessiva. L'abbuffata mi dava brevi attimi di euforia, seguiti da profonda rabbia e colpevolezza. Ora sto meglio e non tocco zuccheri da anni», racconta una delle partecipanti, la cui storia è emblematica.

L'associazione esiste dal 1991 e ha attualmente sessanta gruppi attivi. Durante una delle ultime riunioni, a cui ha preso parte anche il Corriere della Sera, erano presenti otto donne e un uomo, con altre ventiquattro persone collegate online. Ognuno porta con sé le proprie battaglie: Mariella ammette di avere una dipendenza non solo dal cibo ma anche dall’alcol. «Mi abbuffavo, poi cercavo di rimediare con lassativi, scendendo a 40 chili per un’altezza di 1,70 m. Qui sono rinata», afferma con determinazione. Katia, che ha combattuto la bulimia per quarantasei anni, condivide la sua storia di sofferenza e guarigione: «Il 5 aprile festeggio sette anni in Overeaters Anonymous. Ricordo il dolore della mia vita, ma oggi sono libera. A 15 anni ho iniziato a vomitare per non sentire il dolore che provavo; passavo ore a cucinare per la mia famiglia, solo per poi vomitare tutto. Ora posso raccontare la mia storia, sono una testimone di speranza e salvezza».

I partecipanti all'associazione sanno che l'unione fa la forza. Seguono i "dodici passi", simili a quelli degli alcolisti anonimi, e si supportano attraverso il potere delle testimonianze. Francesca confida: «Mi abbuffo per non sentire il vuoto», mentre Domenico condivide il suo obiettivo di arrivare a sera senza cedere ai suoi cibi preferiti: «Precedentemente, entravo al bar e annientavo un cappuccino con due cannoli, ma ne volevo sempre di più dopo solo cinque minuti».

Queste storie mettono in luce quanto possa essere difficile affrontare le dipendenze alimentari, ma anche quanto sia fondamentale avere un sostegno e una comunità. La lotta contro il mangiare compulsivo è un percorso, e per molti, come Agnese, Mariella e Katia, è una strada di speranza verso la libertà e il benessere.