Nazionale

Trent'anni dopo il controverso sgarbo a Tatarella: con Fitto la destra conquista un ruolo di primo piano in Europa

2024-11-24

Autore: Matteo

Esattamente trent'anni fa, nel 1994, un gesto inusuale segnò un'epoca: il ministro belga socialista Elio Di Rupo rifiutò la mano di Pinuccio Tatarella, allora ministro e vicepremier italiano, durante una ministeriale a Bruxelles. Questo atto non era rivolto all’uomo in sé, ma al peso della storia politica che Tatarella rappresentava, erede di un passato controverso legato al fascismo. Questo rifiuto suscitò un'onda di commozione e indignazione, con la sinistra italiana che trasse godimento dall’evento, evidenziando l'ormai datato stigma associato alla destra italiana.

Tatarella, però, non si lasciò intimidire e cercò di superare quel sgarbo, dimostrando le sue doti di negoziatore e diplomatico, meritandosi il soprannome di “ministro dell’armonia”. Nel frattempo, Di Rupo è rimasto nel ricordo collettivo come l'uomo che rifiutò di stringere la mano, un atto che oggi sembra sempre più anacronistico.

Oggi ci troviamo di fronte a una nuova svolta storica con la nomina di Raffaele Fitto, un politico di destra, a vicepresidente esecutivo dell'Unione Europea. Questa nomina avrebbe dovuto essere un'opportunità per i socialisti europei di dimostrare maturità politica. Tuttavia, si sono dimostrati incapaci di superare i propri pregiudizi ideologici. La sinistra italiana è tornata a rimanere intrappolata nelle stesse dinamiche del '94, manifestando nuovamente una certa chiusura.

In occasione delle audizioni per la conferma dei vicepresidenti, anche la sinistra ha riconosciuto le capacità di Fitto, ma ha ulteriormente sottolineato il problema della sua appartenenza politica. È emerso un dibattito acceso, con alcuni che cercavano di mascherare la loro reticenza dietro al discorso della maggioranza Ursula e degli equilibri nel Parlamento europeo. Altri non hanno esitato a rivendicare una politica di esclusione nei confronti di chi proviene dalla destra.

A supportare Fitto, invece, sono scesi in campo personaggi di spicco come il presidente della Repubblica e figure storiche della sinistra come Prodi e Monti, che hanno avvertito che una posizione di ostracismo nei confronti del nuovo vicepresidente non fosse accettabile per il bene del paese. In Europa, il dibattito ha assunto i toni di una complessa partita a scacchi, influenzata anche dalle divisioni interne alla Spagna, per evitare che i socialisti rischiassero di far deragliare l'intera Commissione.

La destra italiana ha giocato le sue carte in modo astuto, assicurandosi risultati senza compromettere la propria identità politica. La sinistra, al contrario, seppur mantenendo la sua vicepresidente, ha uscito da questo confronto malconcia, tentando di salvare la faccia con deboli lettere di intenti. A trent'anni dall'incidente Tatarella-Di Rupo, i socialisti sembrano ancora imprigionati nei loro schemi ideologici, convinti di poter imporre regole ai margini di una realtà in cambiamento, ignorando le necessità e le mostrare volontà degli elettori.

Le recenti dinamiche riguardanti la formazione della Commissione e i vari dossier, come il dibattito sulla deforestazione, hanno ulteriormente messo in luce la vulnerabilità della sinistra:45 si sono arroccati su posizioni rigide, lamentandosi per i cambiamenti di maggioranza, chiaramente frutto delle normali dinamiche politiche europee, che non rispettano le consuetudini fisse dei parlamenti nazionali. Questa situazione mette in discussione non solo la capacità di ascolto dei socialisti ma anche la loro influenza nell’Unione Europea, chiamando in causa la necessità di un ripensamento radicale delle loro strategie politiche.