Finanze

Usa: due donne espulse da un volo Spirit Airlines per il loro outfit audace

2024-10-09

Autore: Giovanni

Non sempre ciò che indossiamo può passare inosservato, specialmente quando si tratta di volare. Due amiche della California del Sud, Tara Kehidi e Teresa Araujo, hanno vissuto un'esperienza imbarazzante e deludente a causa dei loro outfit, che hanno attirato l'attenzione negativa del personale di volo di Spirit Airlines. Le donne, che si stavano dirigendo a New Orleans dall'aeroporto internazionale di Los Angeles, sono state fatte scendere da un aereo, con la motivazione che i loro crop-top non erano appropriati.

In un'intervista con un'emittente locale, le due donne hanno raccontato di essere state avvicinate da un assistente di volo poco dopo aver tolto le loro felpe, a causa di un problema con l'aria condizionata. Nonostante abbiano cercato di spiegare la situazione, l'assistente ha insistito affinché si rivestissero, spingendole a lasciare l'aereo. Un'altra passeggera ha provato a intervenire a loro favore, ma ciò non è bastato a evitare l'espulsione.

È importante sottolineare che sebbene le compagnie aeree possano avere linee guida riguardo all'abbigliamento, queste spesso risultano poco precise e lasciate all'interpretazione individuale del personale. Spirit Airlines ha dichiarato in una nota ufficiale che 'Il nostro Contratto di trasporto, accettato da tutti gli ospiti al momento della prenotazione, prevede determinati standard di abbigliamento per tutti i passeggeri'.

In un'era in cui l'auto-espressione è celebrata, ci si potrebbe chiedere dove si trovi il confine e quanto debbano essere severe le politiche di abbigliamento delle compagnie aeree. La controversia ha sollevato un acceso dibattito sui diritti dei passeggeri e la libertà di scelta dell'abbigliamento. Le due donne hanno anche notato che non hanno ricevuto alcun rimborso e che l'accaduto ha rovinato il loro viaggio, facendole riflettere sull'importanza di sentirsi a proprio agio nel proprio abbigliamento, anche in viaggio.

Questo episodio mette in luce una questione più ampia: in che misura le aziende del settore viaggi possono regolamentare l'apparenza dei loro clienti, e se sia giusto farlo in nome della ‘decenza’.