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Scandalo alla Procura di Milano: La verità sulla condanna dei pm De Pasquale e Spadaro

2024-11-21

Autore: Sofia

Un recente sviluppo giudiziario ha messo in luce un'inquietante vicenda che coinvolge i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, entrambi condannati a otto mesi di carcere per il loro comportamento nel processo che riguardava i vertici dell'Eni. Questa condanna non fa che sollevare interrogativi sulla trasparenza e l'integrità delle indagini condotte da alcuni membri della Procura di Milano.

Secondo la sentenza del tribunale di Brescia, i due pm hanno omesso di esaminare fatti e elementi probatori che avrebbero potuto avvalere la difesa degli imputati. In particolare, De Pasquale, all'epoca procuratore aggiunto, è stato accusato di aver selezionato "chirurgicamente" solo le prove favorevoli alla propria tesi accusatoria, ignorando e celando prove potenzialmente esonerative per gli accusati. Un comportamento che è stato definito di "oggettiva gravità", in quanto hanno anche cercato di nascondere documenti che dimostravano come Vincenzo Armanna, l'accusatore principale nel caso, fosse in realtà un calunniatore.

L'analisi della condotta di De Pasquale e Spadaro non si limita solo alla loro gestione delle prove. Infatti, è emerso che la Procura milanese stava attivamente indagando sulla cosiddetta loggia Ungheria, in cui si trovavano le prove che mettevano in discussione le accuse mosse contro i vertici Eni. Qui emergono ulteriori elementi: la Procura, guidata da De Pasquale, ha ignorato le pressanti sollecitazioni del pm Paolo Storari, il quale ha cercato di portare alla luce la verità e di garantire che tutte le prove venissero presentate in aula.

Il tribunale ha anche dettagliato le e-mail inviate da Storari, in cui chiedeva l'emissione di provvedimenti a favore della difesa, documentando esperti che dimostravano la falsità delle accuse basate su una chat di Claudio Descalzi, l'amministratore delegato di Eni, e il pagamento di tangenti da parte di Armanna. Questi elementi, se adeguatamente presentati, avrebbero potuto cambiare l'esito del processo.

Nonostante il tribunale abbia riconosciuto ai due pm una certa buona fede iniziale, i giudici hanno chiarito che questo non giustifica le loro omissioni e i comportamenti scorretti. In particolare, il tentativo di includere nel processo accuse infondate contro il giudice Marco Tremolada, descritto come "avvicinabile" dal faccendiere Armanna, ha accentuato la gravità della loro condotta.

Questa controversia non è solo un caso isolato; riflette una problematica più ampia all'interno della giustizia italiana, dove la pressione per ottenere risultati può portare a scelte eticamente discutibili. De Pasquale è stato destituito dal suo ruolo di procuratore aggiunto, ma la domanda resta: quanto è profondo il problema della trasparenza e dell'integrità nella giustizia italiana?

Ora, con la sentenza che colpisce i due pm, si alza un velo su come funzionano determinate dinamiche dentro la Procura e su quali riforme urgenti potrebbero essere necessarie per ristabilire la fiducia nel sistema giudiziario.