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Stefano Tacconi: «La trombosi mi ha rasato al suolo. Al risveglio dal coma ho pensato 'cavolo, sono vivo'»

2024-10-12

Autore: Matteo

Stefano Tacconi, leggendario portiere della Juventus e della Nazionale, ha condiviso alcune delle sue esperienze più toccanti dopo aver superato un episodio di trombosi che lo ha messo a dura prova. Originario di Perugia e nato nel 1957, Tacconi è considerato uno dei più grandi portieri nella storia del calcio italiano, avendo difeso i pali della Vecchia Signora dal 1983 al 1992 e conquistando numerosi trofei internazionali.

Racconta con orgoglio i suoi successi e i momenti indimenticabili della sua carriera, come quando rifiutò l'Inter per poi contribuire al successo della Juventus. "Prendere un gol da Maradona fu un onore – afferma Tacconi – anche se lo insultavo spesso, c'era un profondo rispetto tra noi."

Tacconi è noto anche per la sua amicizia con Totò Schillaci, con cui ha condiviso la splendida esperienza dei mondiali del 1990. Recentemente il calcio gli ha riservato un'altra prova difficile: nell'aprile 2022 ha subito un malore che lo ha portato in coma. Fortunatamente, grazie all'intervento tempestivo di suo figlio, è riuscito a salvarsi. "La trombosi mi ha quasi ridotto al nulla", racconta ancora scosso.

Dopo sei mesi di riabilitazione a San Giovanni Rotondo e il supporto della sua famiglia, Tacconi ha ripreso in mano la sua vita. "Quando mi sono svegliato, ho subito pensato: ‘Cavolo, sono vivo’ – dice ridendo. Ho dovuto riimparare a parlare e a camminare come un bambino, ma ho la fortuna di avere una moglie e quattro figli che mi sono stati sempre accanto. Li chiamo affettuosamente i miei badanti."

Oggi, l’ex portiere è pronto a intraprendere una nuova avventura nella cucina, avviando un ristorante nella sua amata Alba. "Non sono fatto per il ruolo di allenatore o dirigente – confessa Tacconi – mi annoierei a dover gestire giocatori come Balotelli e Cassano. Tra le pentole, invece, mi sento a casa".

In un recente ritorno allo stadio, Tacconi ha commentato positivamente il lavoro di Thiago Motta alla Juventus, sottolineando l'importanza di costruire un buon ambiente nello spogliatoio per i giovani talenti. "Oggi ho sentito ancora più affetto dai tifosi rispetto ai miei tempi sul campo. In tanti sono venuti in ospedale per vedere come stavo, cantavano il mio nome. Questo è il vero calcio". La sua storia di resilienza e passione continua a ispirare molti, confermando che il legame tra un campione e la sua gente è eterno.