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Dottoressa in missione ONU: "Gaza è un massacro ingiustificabile!" La sua testimonianza scioccante

2024-11-17

Autore: Chiara

Dopo giorni di tempesta, il sole è tornato a splendere su Siracusa, e per chi lavora sulle navi umanitarie, significa solo una cosa: nuove partenze e un nuovo viaggio in mare. Tra l'equipaggio della nave umanitaria Humanity 1, ormeggiata nel porto della città, si trova la dottoressa Jannet Hall, un'operatrice umanitaria australiana pronta a partire. Ma una parte di lei è rimasta per sempre in un luogo che strazia il cuore: la Striscia di Gaza.

"Sono andata a Gaza perché non potevo più stare a casa mia a guardare i bambini sotto le macerie; dovevo mostrare loro che al mondo importa della loro vita": racconta Jannet, visibilmente commossa mentre parla. Entrata con una ONG tedesca e un team di medici d'emergenza sotto l'egida delle Nazioni Unite, il suo lavoro inizialmente prevedeva di trasportare feriti gravi dal Nord al Sud della Striscia con ambulanze. Tuttavia, dopo due settimane, il valico di Rafah è stato chiuso e le operazioni sono state bloccate. Il secondo obiettivo era stabilizzare i feriti in punti vicini alla linea del fronte, ma la situazione è rapidamente peggiorata, con ospedali sistematicamente colpiti e l'evacuazione impossibile.

Jannet, inizialmente programmata per rimanere tre settimane, è stata costretta a restare un mese e mezzo a causa dell'inasprimento delle restrizioni da parte dell'esercito israeliano. "Negli ospedali mancava tutto: attrezzature, analgesici, e chiunque doveva essere operato senza anestesia. Le urla dei bambini con ustioni gravissime riecheggiavano, e non potevamo alleviare il loro dolore". Jannet racconta degli ospedali devastati come Al Aqsa, dove i militari israeliani hanno distrutto tutto.

"Ricordo la scena di due ragazzi che cercavano il Wi-Fi e, senza preavviso, le loro gambe sono volate in aria a causa di un attacco con droni. E un altro ragazzo, colpito mentre acquistava del pane, ha avuto un tragico destino simile a quello di suo fratello, ucciso mentre cercava di recuperare il corpo". La dottoressa sembra visibilmente scossa nel descrivere ciò che ha visto.

"La cosa che mi preoccupa di più? Chi non muore per i bombardamenti morirà per malattie. Attualmente stiamo affrontando un focolaio di poliomielite, e la maggior parte della popolazione ha l'epatite. La carenza d'acqua e le terribili condizioni igieniche portano a infezioni continue. Ma il problema più grande è l'amianto: a Gaza si stima che ci siano oltre 800mila tonnellate di amianto nelle macerie, che rappresenta un grave rischio per la salute futura della popolazione".

"Ci vorranno almeno 14 anni per rimuovere le macerie, e un secolo per ricostruire le infrastrutture. Ma ciò che non potrà mai essere ricostruito è la psiche di un’intera generazione. I bambini crescereanno privati dei loro diritti fondamentali e ciò li porterà a desiderare vendetta in futuro". Le parole di Jannet risuonano forti e chiare.

Intanto, a Gaza, l'assedio continua a fare stragi, e il rischio di carestia è estremamente alto. Il Famine Review Committee ha avvertito della situazione grave nel Nord della Striscia, dichiarando che le azioni devono avvenire "in giorni, non in settimane". In parallelo, un rapporto delle Nazioni Unite ha paragonato le operazioni militari israeliane a genocidio, sottolineando la gravità della crisi umanitaria. Questo è un appello urgente affinché il mondo non resti in silenzio di fronte a questa tragedia in atto.