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Perché l'epidemia dei legamenti crociati sta colpendo il calcio?

2024-10-09

Autore: Giovanni

Il grave infortunio al legamento crociato anteriore di Duvan Zapata, accaduto durante la partita tra Inter e Torino, ha riacceso i riflettori su un problema che continua a tormentare il mondo del calcio. I tifosi italiani ricordano l’estate scorsa segnata da infortuni simili di Gianluca Scamacca e Giorgio Scalvini, che hanno dovuto rinunciare agli Europei a causa di lesioni al ginocchio. Non è solo una questione di sfortuna: attualmente in Serie A, ci sono tredici calciatori che combattono con infortuni di lungo termine, da Bremer a Florenzi, per citarne alcuni. La situazione non è diversa nei maggiori campionati europei, dove il Real Madrid ha perso ben cinque giocatori per questa stessa motivazione negli ultimi dodici mesi.

Negli ultimi anni, il numero di infortuni al legamento crociato anteriore (ACL) è aumentato drammaticamente. Solo nei cinque principali campionati europei, si sono registrati 38 casi di lesioni ACL dall'inizio dell’anno. Questo ha riaperto il dibattito sulle potenziali cause, in particolare sul fitto calendario calcistico e sull’aumento del carico di lavoro per i calciatori.

La questione è particolarmente allarmante nel calcio femminile, dove il tasso di infortuni è ancora più elevato. Le cause di questi infortuni sono multifattoriali, con differenze significative tra biologicamente uomini e donne essendo rilevanti. Fattori come la struttura anatomica, la mobilità articolare e l’assenza di modalità di riabilitazione e prevenzione adeguate contribuendo a questo problema.

Ma quali sono le cause esatte di questa "epidemia"? Il dottor Rajpal Brar, esperto in terapia fisica, avverte che l'aumento del numero di partite senza pause adeguate imprime una pressione eccessiva sui giocatori. Talvolta, anche gli atleti più talentuosi si trovano a combattere contro questo fenomeno, il che può portare a movimenti irregolari o inaspettati durante le partite. Pep Guardiola, allenatore del Manchester City, ha recentemente evidenziato che giocare in contesti di alta intensità a livello mondiale senza un periodo di riposo sufficiente porta inevitabilmente a infortuni.

Altre analisi evidenziano la trasformazione del modo di giocare: oggi si richiede ai calciatori di essere più veloci, strutturati e reattivi, il che porta a una maggiore vulnerabilità per il legamento crociato. Secondo alcuni esperti, il cambiamento nello stile di gioco, unito a programmi di allenamento non sempre adeguati, sta portando a un aumento degli infortuni. In particolare, va notato che quasi il 70% delle lesioni si verifica durante situazioni di non-contatto, come rapide accelerazioni e cambi di direzione.

Il dibattito futuro su come ripensare la preparazione degli atleti potrebbe essere cruciale. Ci sono richieste crescenti per rivedere i metodi di allenamento, ponendo maggiore attenzione sull’elasticità muscolare e sulla stabilizzazione articolare piuttosto che su potenziamenti eccessivi.

La questione è complessa e richiede attenzione sia all’interno delle squadre che nei circuiti sportivi, perché la salute a lungo termine dei calciatori deve essere una priorità. La paura di un infortunio grave, che tiene in panchina un giocatore per molti mesi, rappresenta una minaccia concreta per le carriere, che in media sono già brevi. Le ferite non solo limitano le capacità fisiche, ma possono anche influenzare negativamente le opportunità contrattuali e la fiducia in se stessi delle giovani promesse del calcio. Occorre un cambio di rotta immediato per proteggere il futuro dello sport e dei suoi atleti.